La donazione indiretta nelle polizze vita: una pianificazione da gestire con cura
Le polizze vita sono un utile strumento di pianificazione successoria ma attenzione ai diritti dei legittimari.
Gli ultimi anni narrano di un costante aumento nell’ambito del mercato assicurativo della domanda di polizze vita. Detto crescente interessamento verso questo strumento assicurativo potrebbe essere il risultato anche della maturata consapevolezza circa i punti di forza del medesimo:
- Protezione economica a fronte di eventi attinenti la vita umana;
- impignorabilità ed insequestrabilità nei termini di legge delle somme impiegate;
- Esclusione delle somme liquidate dall’attivo patrimoniale del defunto, con conseguente esenzione da imposte di successione.
Quest’ultimo aspetto – positivamente sancito dall’art. 12 D.lgs. 364/90 (Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni) – che fa delle polizze vita un utile strumento di pianificazione successoria e patrimoniale, è una diretta conseguenza di quanto prescritto dall’art. 1920, comma 3, c.c.: “Per effetto della designazione il terzo acquista un diritto proprio ai vantaggi dell’assicurazione”.
Da siffatto disposto legislativo si evince chiaramente che il soggetto indicato quale beneficiario acquista il diritto alla prestazione assicurativa in virtù della mera designazione, divenendo titolare di un diritto iure proprio che diviene esigibile al concretizzarsi del rischio trasferito dal contraente in capo alla Compagnia, identificato il più delle volte nell’evento morte dell’assicurato.
Ne consegue che nelle polizze vita il diritto alla prestazione assicurativa è acquistato dal beneficiario non a titolo successorio, anche se quest’ultimo dovesse essere erede dello stipulante, ma per effetto del contratto di assicurazione: la somma dovuta a titolo di indennità non entra nel patrimonio ereditario ma viene trasferita direttamente dall’assicuratore al beneficiario.
Detto ciò, occorre delineare l’ambito oggettivo della suesposta asserzione tentando di fornire una risposta esauriente al seguente interrogativo: tutte le polizze vita non rientrano nell’asse ereditario?
A tal proposito è opportuno rammentare che il predetto articolo 1920 è parte integrante di una disciplina codicistica risalente al 1942; epoca in cui il panorama delle polizze vita presenti sul mercato era assai differente da quello odierno.
Difatti – mentre nel ’42 vi erano le cd. polizze vita di puro rischio, ovvero quelle che si qualificano come contratti assicurativi sulla vita per il caso morte, in cui l’assicuratore si obbliga al pagamento ai beneficiari di un capitale o di una rendita predeterminati in caso di morte dell’assicurato o di sopravvivenza rispetto a una data stabilita – nel mercato assicurativo delineatosi successivamente si sono imposte anche le cd. polizze vita miste o a contenuto finanziario (ad esempio polizze unit ed index linked): polizze in cui la componente finanziaria e di investimento risulta preponderante rispetto a quella demografico-previdenziale tipica delle polizze di assicurazione sulla vita c.d. “tradizionali” di cui all’art. 1882 codice civile ed in cui l’indennizzo spettante ai beneficiari è costituito dal capitale risultante dall’investimento finanziario.
Con riferimento a tale tipologia di polizze è da segnalare una recente pronuncia della Corte di Cassazione nella quale è dato leggere che “la designazione quale terzo beneficiario di una persona […] deve presumersi, fino a prova contraria, compiuta a spirito di liberalità, e costituisce una donazione indiretta” (Cass. civ. n. 3263/2016), con conseguente applicazione della disciplina degli istituti successori della riduzione (art. 555, 809 codice civile) e della collazione (art. 737 codice civile), nonché della revocazione per ingratitudine del donatario o sopravvenienza di figli (art. 800 e ss. codice civile).
Pertanto, con riferimento alle polizze vita miste o a contenuto finanziario, gli eventuali legittimari del contraente (ossia il coniuge, i figli e, in assenza di quest’ultimi, gli ascendenti del defunto cui è riservata dalla legge una quota dell’eredità del medesimo: cd. quota di legittima) potranno agire, in caso di disposizioni testamentarie lesive della quota di legittima loro spettante, in riduzione nei confronti dei beneficiari della prestazione corrisposta dalla Compagnia che, quindi, rientra, seppur fittiziamente, nell’asse ereditario.
Nelle polizze vita di puro rischio (ad esempio temporanee caso morte), invece, solo le somme versate dal contraente a titolo di premi assicurativi possono considerarsi oggetto di liberalità indiretta a favore del terzo designato come beneficiario, con conseguente assoggettabilità delle medesime all’azione di riduzione proposta dagli eredi legittimari (Cass. Civ. n. 6351/2006).
La prestazione assicurativa liquidata dalla Compagnia al verificarsi dell’evento garantito, pertanto, non è suscettibile di costituire oggetto di un’azione di riduzione se non nei limiti dei premi versati in vita dal de cuius.
Da quanto suesposto, se da un lato si evincono le grandi potenzialità delle polizze vita anche in ottica di pianificazione patrimoniale, dall’altro si percepisce la necessità di rivolgersi a consulenti che conoscano approfonditamente la materia onde evitare di utilizzarle incautamente finendo per “bruciarsi”.